La paura che castra

Humpday è stato presentato in Italia come un film comico: una pellicola con la quale si ride guardando due uomini eterosessuali che decidono di realizzare un film porno-gay per partecipare a un festival del cinema di genere. 
Il guardare in faccia, da parte dei due protagonisti, l’omofobia, dovrebbe indurre il pubblico in sala alla risata.

In realtà, Humpday è un film che ispira tanta tenerezza. 
I due protagonisti, vinti dalle loro paure, non suscitano, infatti, né ilarità, né compassione, bensì, appunto, tenerezza. 
Si prova, infatti, tenerezza di fronte a due giovanottoni sulla trentina che hanno talmente tanta paura dell’atto omosessuale da restare bloccati in una eterosessualità che non pare gioiosa, nonostante uno sia una specie di tomber de femme e l’altro dichiari di essere felicemente sposato.

Di fronte a loro stessi in mutande, ai loro corpi di uomini con la pancetta, i due amici di lunga data si bloccano e cercano disperatamente ogni scusa per non proseguire nel loro piano originario (ossia quello di realizzare un film pornografico a tematica gay). 
La paura che la verità dell’esperienza possa farli ricredere a proposito di tutti i loro preconcetti omofobi è tale che restano come paralizzati, castrati e sospesi in un limbo da cui non avranno la forza di uscire.

Il film di Lynn Shelton, dunque, è – ad avviso di chi scrive – lontanissimo dall’essere un film comico, ma assai vicino al genere documentaristico (anche per alcune modalità di ripresa e di montaggio): un documentario sulle paure castranti indotte da una società maschilista e pesantemente omofoba.
I due attori protagonisti (Mark Duplass e Joshua Leonard) sono stati assai convincenti. 
Spiace segnalare che i loro doppiatori italiani erano tanto fuori tono da risultare quasi irritanti.

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