Un simbolo speranzoso


Davvero avvincente l’ultimo romanzo di Dan Brown pubblicato da Mondadori.
Il simbolo perduto, infatti, a dispetto delle sue 604 pagine della traduzione italiana, si legge tutto d’un fiato, grazie, non solo a una trama ricca di colpi di scena (per quanto essi, a volte, siano un po’ scontati), ma anche a una scrittura semplice e scorrevole.
Ambientato a Washington, il romanzo narra una vendetta personale che, a causa delle persone in essa coinvolte, diventa un caso di sicurezza nazionale (quella degli Stati Uniti d’America). 
Infatti, bersaglio della singolare e spietata vendetta è un Venerabile Maestro di una Loggia Massonica americana che, fatto di non secondaria importanza, è anche il custode di un antico segreto. Tale Venerabile Maestro viene rapito, al fine di estorcergli informazioni essenziali relative alla mappa da egli custodita. 
Infatti, il segreto di cui il Maestro è custode è legato agli Antichi Misteri che sarebbero ritrovabili proprio seguendo le indicazioni scritte in codice su una piramide (la mappa di cui si è detto). E una leggenda narra che colui che entra in possesso degli Antichi Misteri diventerà immediatamente potentissimo.

A tradurre i codici incisi sulla piramide in lingua corrente viene chiamato, con uno stratagemma, il professor Robert Langdon, già protagonista dei fortunati romanzi di Brown Angeli e Demoni e Il codice Da Vinci
Il professore, scoperto l’inganno, deciderà di mettersi all’opera per poter levare l’amico rapito dalle grinfie del rapitore che, di pagina in pagina, dimostra di essere spietato e ben al di là della malvagità pura e semplice: il cattivo della storia, infatti, ha tutti gli aspetti (anche somatici) del demone.
A far da cornice alla storia i segreti dei Massoni che, dal romanzo di Brown, sono ritratti con parole assai lusinghiere, atte a fugare da loro sospetti di complotti.
Come nei precedenti romanzi, anche nel Simbolo perduto Brown coinvolge (citandoli) nella trama personaggi storici eminenti, affidando loro importanti messaggi: nel caso dell’ultimo romanzo, l’Autore chiama in causa, soprattutto, i Padri fondatori degli Stati Uniti e lo scienziato Newton. 
Non manca, neppure, il riferimento a un’opera artistica la cui conoscenza sarà essenziale per la risoluzione di uno dei vari enigmi di cui – come sempre nelle opere di Brown – il romanzo è farcito. L’opera è in questione è l’enigmatica (e non poteva essere altrimenti) Melencolia I (del 1514) di Albrecht Durer, incisione all’interno della quale è inserita un quadrato magico.
Un romanzo, quello di Brown, che, al di là delle inesattezze storiche in esso contenute (e di cui pare superfluo incolpare l’Autore che, si ricordi, non ha scritto un saggio, ma, appunto, un romanzo), ha il potere di lasciare nel lettore un forse senso di speranza per le future sorti umane. Fatto, questo, davvero notevole.

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